Il romanzo arabo al cinema

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Aldo Nicosia

IL ROMANZO ARABO AL CINEMA

Microcosmi egiziani e palestinesi

Carocci editore, Roma, 2014

pp. 135, euro 15,00

ISBN 978-88-430-7217-0

 


Il nuovo libro di Aldo Nicosia, già autore di un precedente saggio su Il cinema arabo (2007), non si limita a sottolineare lo stretto rapporto tra letteratura e cinema nel mondo arabo, ma punta a un originale ragionamento sul processo di adattamento cinematografico di quattro romanzi di grandissima rilevanza nella storia culturale del Medio Oriente. In tal modo, offre nuove chiavi di lettura sull'immagine che alcune società arabe, in particolare quella egiziana, proiettano di se stesse.

Infatti, se i quattro romanzi individuati sono di grande significato nella storia della narrativa araba contemporanea, la loro realizzazione cinematografica ha ulteriormente allargato le profonde riflessioni da essi poste su alcune questioni che travagliano le società in cui sono stati concepiti. Si tratta di Miramar (1969), adattamento dell'omonimo romanzo di Nagib Mahfuz (1967); al Makhdu'un (Gli ingannati, 1972) ripreso dal testo Rijal fi'l shams (Uomini al sole, 1963) di Ghassan Kanafani; al Kitkat (1991), adattamento di Malik al-hazin (L'airone, 1983) scritto da Ibrahim Aslan; e Imarat Ya'qubiyan (Palazzo Yacoubian, 2006), dall'omonimo romanzo di 'Ala al Aswani (2002).

Per ogni film/romanzo scelto, l'Autore offre una sinossi del testo originale seguita dall'analisi delle strategie e delle tecniche narrative messe in atto per realizzare quello filmico. L'esame di tali processi di adattamento fa emergere, tra l'altro, come le esperienze di vita e le condizioni sociali, culturali, politiche ed economiche delle società arabe contemporanee abbiano fortemente condizionato i registi. Ad esempio, la resa di Miramar e di al Makhdu'un risente degli eventi politici che hanno sconvolto la comunità araba tra il 1967 e il 1972, quali la sconfitta della guerra dei sei giorni e lo scontro tra guerriglia palestinese e monarchia hashemita con conseguente espulsione dell'OLP dalla Giordania. Inoltre, riflette il clima di crescente tensione per la mancata risoluzione della questione palestinese e la montante critica nei confronti degli stati arabi -in primis di quelli del Golfo- accusati di inettitudine nel risolvere tale questione. Laddove al Kitkat si concentra invece maggiormente sui cambiamenti sociali e dà più spazio d'azione ed espressione alle donne che sono rappresentate “senza pudori e freni morali” (78). Oltre a ciò, nel film emerge la dicotomia tra il forte desiderio degli arabi di migrare in Europa, col fine di respirare maggiore libertà, e la nostalgia per il proprio paese.

Imarat Ya'qubiyan, infine, sintetizza e compendia le varie tensioni storiche e socio-culturali filtrandole alla luce della situazione egiziana degli anni 2000. Il film inizia con un compendio della storia dell'Egitto dagli anni 1930 in poi, ma tace sulle manifestazioni locali contro la guerra del Golfo; questa autocensura racconta, senza parole, quanto durante il crepuscolo dell’era mubarakiana fosse periglioso inscenare la reazione popolare e islamista d’opposizione all’evento bellico dei primi anni ‘90. Allo stesso modo, il film glissa sulla figura di Mubarak (il “Grande Capo” più volte citato nel romanzo) e taglia alcune pesanti accuse contro il suo regime (manipolazione dei risultati elettorali, torture dei dissidenti ecc.) esplicitate invece nel libro di 'Ala al Aswani.

Fra i vari elementi che inducono a riflessioni sulla società egiziana, l’Autore dedica particolare attenzione alla omosessualità e come essa viene trattata nei due diversi testi, il letterario e il filmico. Il personaggio omosessuale in entrambi i casi è il caporedattore di un giornale cairota, Hatim, le cui vicissitudini nel film, però, assumono diverso profilo rispetto a quanto accade nel romanzo. Secondo l’Autore, il libro di Aswani riabilita la figura dell’omosessuale, in contrasto a quanto avveniva nella precedente letteratura (104) e descrive con dovizia di particolari il rapporto tra Hatim e il soldato ‘Abduh in cui il giornalista appare ”seriamente innamorato del soldato, tanto da interessarsi anche alla sua emancipazione culturale” (106). Nel film, invece, prepondera l’aspetto “prevaricatore” di Hatim (ibid.) e la fine che lo attende è costruita al fine di “accrescere l’avversione del pubblico” (112) verso l’omosessualità. In realtà, anche nel romanzo Hatim è ucciso, proprio di ‘Abduh, il quale ha accettato le attenzioni del giornalista solo per denaro; quando suo figlio muore tragicamente,‘Abduh interpreta questa disgrazia come una punizione divina per il suo peccato. ‘Abduh litiga con Hatim e, in un atto liberatorio e catartico, lo uccide. Nel film, invece, dopo essere stato lasciato da ‘Abduh, Hatim vaga in cerca di un compagno occasionale da portare a casa; ma incappa in un malvivente che lo ammazza per derubarlo. Questo finale, secondo l’Autore, è più forte rispetto a quello previsto da Aswani e nell’intenzione dello sceneggiatore indica il giusto suggello punitivo per un uomo che ha improntato i rapporti amorosi sulla forza e il potere economico, approfittando della povertà dei suoi amanti.

In ogni caso, tanto le scelte di copione quanto le reazioni scatenate dal film segnalano un significativo cambiamento: il lavoro di Aswani, pur contenendo descrizioni di amplessi appassionati tra due uomini, non aveva suscitato controversie. Il film, invece, anche se censura le scene omoerotiche, è stato attaccato da un gruppo di parlamentari egiziani che ha chiesto il bando dell’opera o almeno il taglio delle parti incriminate. Tanto che nella successiva resa televisiva del film la figura dell’omosessuale è stata tagliata. Le chiavi di lettura di queste circostanze possono essere varie, e coesistere: certo il testo visivo turba più di quello narrativo, nonostante quest’ultimo sia più esplicito. Ma è altresì chiaro che, in quel preciso momento storico, erano molti in Egitto (e non solo gli “islamisti”) a ritenere più che mai necessario rafforzare un’immagine nazionale eterosessuale.

Il lavoro di Aldo Nicosia conferma come letteratura e cinema siano due modi differenti ma complementari, di presentare la stessa esperienza. Sottolineando l’importanza del cinema quale chiave di lettura delle società arabe, il libro costituisce un utilissimo strumento di comprensione degli avvenimenti politico-sociali nell’area, affrontati da una prospettiva originale e accattivante.

 

Anna Vanzan

Recensore: 
Anna Vanzan
Area: 
Mondo arabo
Data pubblicazione: 
21/10/2014