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Gabriele Battaglia
Buonanotte Signor Mao.
Storie dall’estremo Oriente
Milieu edizioni – Milano 2017
Pag.222, euro 15,90
ISBN 978-88-98600-78-6
Il 7 settembre è stato pubblicato Buonanotte Signor Mao di Gabriele Battaglia, giornalista corrispondente dall’Estremo Oriente che collabora con diverse testate italiane e straniere tra cui «Internazionale» e «Il Venerdì di Repubblica» ed è anche reporter sempre per l’Estremo Oriente di Radio Popolare. Nel 2014 ha pubblicato Fucili contro Burma ed è anche autore di un documentario Inside Beijing girato nel 2012.
Conosco Gabriele Battaglia dal tempo in cui studiava Lingua e Cultura Cinese alla allora Civica Scuola di Lingue Orientali dove ha conseguito il Diploma IsIAO (Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente nato dalla fusione di IsMEO, Istituto italiano per il Medio e l'Estremo Oriente, con l'IIA, Istituto Italo-Africano) e seguo sempre le sue cronache e i suoi articoli dalla Cina e dall’Estremo Oriente, quindi saputo dell’imminente pubblicazione di questo suo lavoro ho immaginato si trattasse di una raccolta di articoli sulla Cina o di un reportage di viaggio, insomma di un testo in sintonia con quella che è la sua attività di giornalista corrispondente estero. Inoltre il titolo richiama immediatamente alla mente il Buonanotte Signor Lenin pubblicato nel 1992 da Tiziano Terzani dove il famoso giornalista raccontò e fotografò il crollo del comunismo nell’allora Unione Sovietica attraverso una gran massa in movimento mentre assisteva all’abbattimento, una dopo l’altra, delle statue di Lenin.
Tuttavia appena si inizia a leggerlo appare evidente che non è solo una raccolta di articoli, né un reportage di viaggio. A fine lettura si comprende che si tratta di un testo dai tanti spunti di lettura difficile da catalogare, credo che la migliore definizione di questo lavoro la dia l’autore stesso alla fine del Prologo dove a pagina 11 leggiamo:
«Negli ultimi dieci anni ho girato il continente eurasiatico raccogliendo le storie di umani che singolarmente o in forma associata, vivono la globalizzazione e nella globalizzazione ritagliano proprie strategie di vita. E tra questi, ci sono pure io».
Infatti come recita il sottotitolo - Storie dall’Estremo Oriente – è una raccolta di storie che compongono un unico racconto di un viaggio con partenza dall’Italia, e per la precisione non da Milano, città natale dell’autore, ma da Genova per raggiungere la Cina e da Pechino lanciarsi, quasi come gli amati mongoli, non alla conquista ma alla conoscenza della Cina stessa, o di parte di essa, e di alcune delle zone più emblematiche e calde dell’Estremo Oriente. Un percorso in cui si mette insieme la storia contemporanea, che per essere pienamente compresa è sapientemente collegata a tratti a quella antica, e la descrizione di una società tesa a uno sviluppo spasmodico e alla frenetica ricerca dell’arricchimento. Il tutto però, come afferma l’autore stesso attraverso le storie di tanti individui, quasi a voler cercare un soggetto altro dalla massa informe che spesso viene vista come soggetto-oggetto della globalizzazione.
Il filo conduttore di tutte le storie presentate sembra essere quello della ricerca dell'individuo e delle sue radici culturali nel pressante bisogno, come suddetto, di confutare l’idea di un mondo dove l’unica via perseguibile sia quella dello sfrenato liberismo della società dei consumi. In questa ricerca contemporaneamente l'autore cerca se stesso e, forse, cerca anche se da qualche parte arda ancora un po’ di brace che dia di nuovo fuoco a quegli ideali giovanili che sembrano definitivamente falliti o scomparsi.
L’autore ci fornisce racconti della Cina con incursioni in Mongolia, Myanmar, Iran che stimolano la riflessione. Stimolano ad interrogarsi sulle cause piuttosto che denunciare o stilare unicamente la lista delle conseguenze catastrofiche di determinate scelte politiche.
Nel capitolo "Approdo" a p. 81 leggiamo:
«È questa la città cinese (Pechino N.d.R) dove ho scelto di vivere? Un compromesso eclettico tra Oriente e Occidente dove consumi e sorveglianza vanno a braccetto? È solo figlia di processi che si muovono dall’alto in basso? Non è altro che la città dell’Imperatore che si è fatto Partito e quindi nuova, aggressiva borghesia? Il suo unico spazio pubblico è quello definito dal mercato? Cerco di capirla, ma cerco anche forme di eversione da questo ordine. O derive. La mia scelta di vivere qui è la scelta di collocarmi nel punto più dinamico dello sviluppo capitalista, per vederne i conflitti e le contraddizioni: è un progetto politico, perché la vita è politica. È la scelta di raccontare dall’interno, perché non si può raccontare la Cina e nessuna cosa, stando lontano: è un progetto professionale. È la scelta di trovare l’altro e farne il mio specchio: è un progetto umano. Ci ho sacrificato parecchio e convivo con la mia solitudine, le mie molte solitudini».
E nei racconti infatti troviamo una galleria di personaggi specchio dell’autore, anche lui presente e neanche tanto tra le righe. Personaggi tanto forse improbabili, per noi occidentali, quanto veri e che ci restituiscono un’immagine umana dell’individuo coinvolto in un processo di massa: il consumismo, la crescita economica, la ricerca del benessere e non il suo stereotipo. Allo stesso modo la Cina emerge dalle pagine come un paese con un ben preciso passato, remoto e meno remoto e non solo il paese del boom economico mai immaginato.
Incredibile è la descrizione di uno dei mongoli, un personaggio che sembra essersi cimentato in tutto nella sua vita, dal pugilato all’ipnotismo, diviso tra l’attivismo politico - si candida per il Partito dei Verdi - e fare profitto. Ma anche due yemeniti che commerciano con la Cina ma sognano di arricchirsi al punto di trasferirsi ai Caraibi; oppure Gege la ballerina folk mongola che all’occorrenza può cimentarsi anche in salsa, merengue o danza del ventre. E tanti cinesi: gli imprenditori, i mingong (la manovalanza a buon mercato che dalla campagna si sposta in città), registi e artisti d’avanguardia. Un lungo elenco di vite in rapporto a tutte le contraddizioni che la società cinese comporta: la bolla immobiliare, lo svuotamento delle campagne, il rallentamento della crescita, ma anche la censura e il Xinjiang, la regione autonoma abitata dagli uiguri, l’accrescersi del sentimento nazionalista con conseguente separatismo, e le condizioni della comunità LGBT.
Mentre leggevo sempre più mi tornava alla mente un libro letto anni fa: Beijing ren, pubblicato in Cina nel 1986, poi tradotto in parte in italiano e pubblicato nel 1990 con il titolo Homo Pekinensis per Editori Riuniti.
Fu scritto da due giovani, il giornalista Sang Ye e la scrittrice Zhang Xinxin che per un anno, tra l'83 e l'84, girarono la Cina per intervistare semplici cittadini. Raccolsero centinaia di interviste e dai racconti degli intervistati nacque un interessante affresco della vita dei cinesi e di riflesso della Cina degli anni ’80. Non è un caso, forse, che all’inizio di quegli epocali cambiamenti, di cui si vedono nel libro di Battaglia le conseguenze e i risultati decenni dopo, gli stessi cinesi sentissero in quei cambiamenti il bisogno di cercarsi e di capirsi.
Infine, al di là delle motivazioni e della personale ricerca dell’autore, ogni lettore potrà seguire una propria ricerca e trovare l’immagine viva di un paese attraverso il vissuto di un'ampia gamma di individui suoi abitanti.
Margherita Biasco